Diecimila ore di pratica è la misura comunemente assunta per indicare il tempo che occorre per diventare un ‘professionista’ nel proprio campo. E’ un numero che, come osserva lo psicologo Daniel Levitin, ritorna spesso negli studi condotti su compositori, giocatori di pallacanestro, romanzieri, pattinatori sul ghiaccio nonché sui maestri del crimine”.
Un esempio quanto mai versatile di flessibilità: non fosse che proprio a Sennett si è dovuto a fine XX secolo un lucido pamphlet in cui “l’uomo flessibile” è diventato l’epitome di quell’involuzione del capitalismo di cui proprio in questa crisi stiamo assistendo ai drammatici esiti. Una mania del “reengineering” e del “downsizing” continui che hanno non solo creato precarietà lavorativa, ma hanno anche minato nell’individuo la fiducia in se stesso e nella società. (…continua).
L’uomo artigiano è esattamente il contrario di questo uomo flessibile e precarizzato. “Efesto, glorioso per la destrezza canta, o Musa dalla limpida voce; / egli, insieme con Atena dagli occhi scintillanti, opere egregie / insegnò sulla terra ai mortali, che fino allora / vivevano negli antri, sulle montagne, come le fiere / ma ora, grazie a Efesto glorioso per l’ingegno avendo appreso le arti / facilmente, fino al compimento dell’anno, la vita / conducono sereni nelle proprie case”.